Donna & Magia ebraica
Pensieri preliminari su una monografia "on my desk"
Narra una tradizione ebraica medievale che l’anima umana debba percorrere stadi successivi nella sua storia d’incarnazione e morte, caratterizzati dalla mancanza di memoria, provocata a sua volta dall’impatto nella situazione successiva in cui viene a trovarsi. Quando l’anima era nella mente di Dio, la situazione di quiete e tranquillità le avrebbe indotto a rifiutare la procreazione ed il successivo innesto corporeo, materiale nel seno di una donna. Nonostante i sui pianti e le sue suppliche, l’angelo addetto, eseguendo un comando divino, dà all’anima uno schiaffo che le fa dimenticare il periodo di quiete beata. Anche nel seno della donna, l’anima è formata in un ambiente che lentamente le diviene familiare, a lei proprio, che l’induce a protestare quando le viene comunicato che dovrà lasciare la tranquillità della vita prenatale. Lo schiaffo dell’oblio origina la nascita alla vita umana, dove si adatta e si crea uno spazio di quiete e d’egoismo, d’amor sui. Alla fine dei giorni terreni, l’anima non ha voglia di lasciare questo suo mondo ameno, così induce l’angelo a darle ancor uno schiaffo per dimenticare il regno dell’umano, ritornando così nel divino.
L’immagine di questa creazione di eventi successivi, tramite vuoti di memoria, si adatta perfettamente alla nostra mentalità odierna che, in cerca di nuove sfide, oblia sistematicamente ciò che è ed era il nostro passato. Forse è proprio questo vuoto di memoria che ci fa essere ottimisti, stendendo un velo pietoso d’ignoranza sulla nostra esperienza passata.
L’idea dell’esistenza di una memoria culturale, come la chiama non senza enfasi l’egittologo e storico della cultura Jan Assmann, ci fa dimenticare che questa deve essere attualizzata per inferire nella nostra società, altrimenti saremo condannati a rivivere il passato. Il progresso mentale non può essere attualizzato se lo studio del passato è previamente selettivo, portando alla luce solo la corrente principale – “mainstream” lo chiamano gli anglosassoni – e tralasciando e depauperando le esistenze laterali che hanno contribuito alla crescita e alla formazione del pensiero generale. Questa conoscenza è certamente scomoda, perché mette in discussione e a repentaglio le certezze e le sicurezze della cultura dominante, apre però nuovi spiragli nell’apprendimento di metodi acquisitivi di nuove conoscenze. Poiché il futuro può esistere solo nell’appropriazione dialettica del passato, anche se non cosciente attualmente.
Questo vale a maggior ragione se si parla di magia e donna nell’ebraismo antico. Parlar dell’antichità non è di moda, rifletter su di essa è pero importante, se si pensa che non siamo lontani dalle paure dei nostri antenati, non siamo diventati adulti almeno nella misura in cui il mondo moderno pensa di esserlo. Il germe del passato vive nel presente, anzi persiste se non si trovano modi di riesaminarlo nelle sue radici.
Trattare di magia oggi significa, dunque, affrontare un tema anacronistico e desueto, le cui credenze, forze “occulte”, convinzioni e “scoperte” sembrano ormai esser state superate dalle nuove scienze e tecnologie le quali non lasciano più spazio al potere immaginativo. È singolare costatare in che misura la società del ventunesimo secolo abbia felicemente inibito l’uomo dall’esame della logica del quotidiano, dove la magia, ancora oggi, regna sovrana, anche se camuffata da costumi comunemente accettati, “hobbies” come l’astrologia, paure mal celate e soprattutto angosce confessate solo agli intimi o allo psichiatra. Questo è solo un aspetto della fede magica, quello della psicologia individuale impregnata da secoli e forse millenni dal potere “magico”, che ci assilla specialmente, ma non esclusivamente, se proveniamo da una società rurale. Esistono però altre implicazioni del mondo che noi chiamiamo magico, le quali vengono affrontate solo in poche pubblicazioni specializzate. Esse sono poco conosciute, seppure ne siano parte essenziale: la dimensione politica della magia nei suoi aspetti di mantenere il potere sulla base di credenze, oppure sfruttare le stesse per soggiogare gli altri; l’aspetto sociologico in cui si evidenzia la connessione e la divisione tra i gruppi che formano la società; l’ascesa delle scienze e delle tecniche a cui la magia classica ha contribuito decisamente, e, certamente non l’ultimo, il contributo che ha dato e da tuttora la magia alle convinzioni e ai riti religiosi, nella sua funzione cultica, sacrale e numinosa.
Il tema “donna” non ha bisogno d’esser presentato, data l’attualità e la presenza nei media e nella letteratura. Parlare della donna ebrea nell’ebraismo antico non è una novità assoluta, la cui presenza nella letteratura recente è forse da ricondurre al tentativo apologetico, almeno da parte della tradizione cristiana, a enfatizzare il ruolo positivo della donna ebrea neotestamentaria come simbolo emblematico dello stato della donna secondo il magistero cristiano. Di magia e donna non se ne parla. Forse perché coniugare i due temi ha uno svantaggio di metodo che potrebbe già viziare il risultato. Non s’incorre nel pericolo di apologia, se si tenta disperatamente di “salvare” culture passate cercando attenuanti per la loro caccia alle streghe? Oppure, non si ripete la stessa critica comunista-marxiana della repressione in una società dominante totalmente preda del maschile? La questione si complica ulteriormente se si delimita il campo all’ebraismo, un tema decisamente delicato, vista l’accusa antiebraica e antisemita di praticare le arti magiche per soggiogare il cristiano, di cui pubblicazioni recenti hanno attizzato quel fuoco pensato già spento.
L’esame della connessione dei tre temi, magia, donna, ed ebraismo ci dà proprio la piattaforma ideale di come accostare il soggetto, perché ci si accorgerà ben presto come nascono i cliché della società odierna e dove nascono convinzioni che ci sorprendono. Spostando l’angolo sull’antichità, d’altro canto, avremmo raggiunto quello che lo scrittore romano Cornelio Tacito chiamava la distanza dello storico (cioè “sine ita et studio”) che ci permette almeno teoreticamente lo studio senza affetto.
Il libro che sto scrivendo si propone un’indagine del magico fuori dell’usuale, esponendo alcune prospettive interpretative sull’uso e proibizione della magia nell’antichità ebraico-rabbinica (dal primo al decimo secolo dell’era corrente) come atto politico per mantenere il controllo del presente e l’autorità sul testo sacro e la tradizione. La donna acquista nel mondo rabbinico una funzione unica, anche perché contrariamente alla sua vicina romana o poi anche cristiana, aveva un educazione più elevata e non era raro che sapesse legger e scrivere. In tutti i casi doveva padroneggiare le leggi della kasherut (preparazione dei cibi secondo norme rigorosamente stabilite), della purità domestica e personale, quest’ultime legata alle mestruazioni, al rapporto sessuale e al parto, e senza dubbio anche le norme per le feste, le ricorrenze, la cura dei vivi e il ricordo dei morti. Data la funzione prettamente educativa e normativa del movimento rabbinico e perciò della concentrazione maschile sull’insegnamento, non è certo raro che la funzione amministrativa sia stata nelle mani delle donne. Questo significa che una buona parte del potere, non solo “domestico”, ma anche sociale, stava sotto il loro dominio. Questo potere venne consolidato anche, ed ironicamente, dall’ignoranza maschile della natura del femminile e di ciò che questo implica, come si cercherà di dimostrare.
1 commento:
Tre argomenti mi balzano in testa leggendo quello che hai scritto. Perdona la confusione che sto per fare.
Il primo e' storico-politico. Prima della nascita dello stato ebraico, gli ebrei in diaspora erano visti come un popolo "femminile" - capace di adattarsi con grande ingegno, perseveranza e ubbidienza alle leggi del paese "ospitante" (penso alle tante figure femminili mitologiche della tradizione greca, come Arianna e Penelope). Gli ebrei erano mercanti, uomini di legge e di studio, intellettuali incapaci di armarsi e combattere da uomini. Di contro, Israele e' visto ora come il maschio fascista, oppressore e brutale.
Il secondo argomento riguarda la centralita' del ruolo della donna nella celebrazione del Sabato. Mi sono sempre immaginata gli sguardi furtivi dei cristiani nello spiare gli ebrei dalle finestre alla vigilia dello Shabbat. Colei che inizia la celebrazione, l'officiante, e' proprio una donna. Mi sono spesso chiesta se questa pratica fosse interpretata dai cristiani come una strgoneria, una diavoleria da "notte del Sabba", la notte delle streghe.
Il terzo riguarda la magia. Questa viene assolutamente proibita nell'ebraismo tardizionale, cosi' come l'astrologia e ogni pratica divinatoria. Se ne parla nella Qabalah, dove - mi pare di capire - l'idea di base e' quella che questa possa essere studiata solo da coloro che sono molto avanzati nello studio e nella comprensione di tutti i testi sacri. Cose da iniziati. Questa pericolosita' lascia alquanto sorpresi e desiderosi di saperne di piu'. A questo punto, ti chiedo per quali strani sentieri sei giunto a questi tre termini del discorso.
E infine, sono curiosa di saperne di piu' sulla teoria ebraica della reincarnazione. Ho letto qualcosa sul Gilgul, ma la questione e' davvero complessa. Temo mi ci vorranno anni, se non vite di studio per capirci qualcosa di piu'. Per ora ho solo una vaga intuizione basata su quella che magari e' solo una suggestione affascinante.
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